La profezia oscura by Rick Riordan

La profezia oscura by Rick Riordan

autore:Rick Riordan
La lingua: ita
Format: azw3, mobi
Tags: Juvenile Fiction
editore: Mondadori
pubblicato: 2017-02-12T23:00:00+00:00


23

Che nome, Sssssarah!

Pure con cinque esse

È bisillabo!

All’inizio il metodo Valdez funzionò.

Non trovammo nulla da far saltare in aria, ma non dovemmo neppure pensarci troppo. Questo perché adottammo anche il metodo McCaffrey, che prevedeva i semi di chia.

Per scegliere quale corridoio prendere dalla sala del trono, Meg estrasse un pacchetto bagnato fradicio di semi da una delle sue sneakers (non le chiesi perché li tenesse lì) e si fece germogliare la chia sul palmo della mano. La minuscola foresta di steli verdi indicò il corridoio sulla sinistra.

«Di là» annunciò Meg.

«Un superpotere fantastico» commentò Leo. «Quando saremo fuori di qui, ti procurerò una maschera e un mantello. Ti chiameremo Chia Girl.»

Sperai che stesse scherzando. Meg, in ogni caso, sembrava felicissima.

I germogli di chia ci condussero prima lungo un corridoio e poi in un altro. Per essere un covo sotterraneo nel sistema fognario di Indianapolis, il palazzo di Commodo era davvero opulento. I pavimenti erano di ardesia grezza; le pareti di pietra grigia erano decorate con arazzi e schermi televisivi alternati che mostravano – bravi, avete indovinato! – video di Commodo. Quasi tutte le porte di mogano avevano targhe di bronzo con sopra delle incisioni: SAUNA DI COMMODO, STANZA DEGLI OSPITI DI COMMODO 1-6, MENSA PER I DIPENDENTI DI COMMODO, BAGNI DI COMMODO.

Non vedemmo nessuna guardia, nessun dipendente, nessun ospite. L’unica persona che incontrammo fu una cameriera che usciva dalle BARACCHE DELLE GUARDIE IMPERIALI DI COMMODO con un cesto di biancheria sporca.

Non appena ci vide, la ragazza sgranò gli occhi terrorizzata (forse perché eravamo più lerci e fradici di qualsiasi cosa avesse preso dal cesto della biancheria sporca dei guerrieri germani). Prima che si mettesse a urlare, mi inginocchiai davanti a lei e le cantai You Don’t See Me di Josie and The Pussycats. Gli occhi della cameriera si annebbiarono e divennero vacui. Tirò su col naso con aria nostalgica, tornò dentro le baracche e si chiuse la porta alle spalle.

Leo annuì. «Bel colpo, Apollo!»

«Non è stato difficile. Quel brano è perfetto per indurre un’amnesia a breve termine.»

Meg tirò su col naso. «Sarebbe stato più carino darle una botta in testa.»

«E dai!» protestai. «Ti piacciono le mie canzoni.»

Arrossì fino alle orecchie.

Ripensai a quanto aveva pianto quella volta in cui avevo aperto il cuore e l’anima nel nido delle formiche giganti al Campo Mezzosangue. Ero stato piuttosto orgoglioso della mia esibizione, ma immagino che Meg non se la sentisse di riviverla.

«Muoviamoci!» Mi diede un debole pugno nello stomaco.

«Ohi!»

Seguendo i semi di chia, ci addentrammo nell’area abitata da Commodo. Cominciavo a trovare opprimente il silenzio. Insetti immaginari brulicavano sulle mie scapole. Di certo, gli uomini dell’imperatore avevano già sistemato la questione dell’incursione al cancello. Stavano tornando alle loro normali postazioni e forse controllavano gli schermi del sistema di sicurezza alla ricerca di altri intrusi.

Alla fine, svoltato un angolo, vedemmo uno dei blemmi fare la guardia davanti a una porta blindata. Indossava un paio di eleganti pantaloni neri e scarpe nere di vernice, ma non tentava di nascondere il fatto che aveva la faccia sul torace.



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